Gin lemon. Gin tonic. Negroni. Quasi impossibile non aver assaggiato almeno uno di questi tre cocktail nella vita.
Cosa hanno in comune? Il gin, ovviamente.

Distillato agricolo (cioè: l’alcol non può essere di sintesi), il gin prende il suo nome dall’ingrediente che, per legge, deve necessariamente contenere: il ginepro, di cui si utilizzano le bacche.
Il gin deve infatti i suoi particolari profumi e sapori dall’uso delle cosiddette botaniche: un insieme di erbe, radici, spezie e altri prodotti naturali in grado di infondere il loro aroma al distillato, tra cui il ginepro è l’indiscusso protagonista che, sempre per legge, deve essere predominante nel prodotto finale.
Il gin può contenere, oltre al ginepro, uno svariato numero di botaniche, che solitamente oscillano tra poche unità fino a qualche decina (alcuni gin in commercio “vantano” l’utilizzo di oltre 40 diverse botaniche). I principi aromatici possono essere rilasciati per infusione, per macerazione, entrando a contatto coi vapori della distillazione, o persino venendo distillati a freddo col gin stesso, grazie al controllo della pressione in produzione.
Quali sono le botaniche principali? Assieme al ginepro, la lista è lunga e variopinta… Quelli citati ovunque sono:
- Semi di coriandolo
- Iris germanica
- Angelica (la radice)
Ma accanto a questi pilastri si aggiungono cardamomo, coriandolo, fiori di sambuco, menta, pepe (diverse qualità), timo, mirto, liquirizia, mandorle, cetriolo, zenzero, cannella, zafferano, agrumi (scorze)… E persino alghe.
Come si produce quindi il gin?
Il gin può essere prodotto in diversi modi (e li vedremo in dettaglio in articoli dedicati). I principali sono per distillazione discontinua in alambicchi pot still e per distillazione continua in alambicchi a colonna.
Nel primo caso si tenderà ad usare una base di origine cerealicola (come per il whisky), e spesso si avrà una seconda distillazione del prodotto già aromatizzato, con possibile aggiunta di nuove botaniche.
I gin così ottenuti saranno più concentrati ed intensi e spesso vengono invecchiati in botte.
Nel secondo caso la base del gin, pur sempre agricola, spesso non verrà da cereali ma da altri prodotti (come patate o zucchero di canna), da cui si ottiene un prodotto ad alta gradazione alcolica che verrà poi nuovamente distillato in alambicchi pot still assieme alle botaniche.
Il gin così ottenuto sarà normalmente più leggero dal punto di vista aromatico.

Infine, il gin può essere prodotto per aggiunta di aromi ed altre sostanze ad alcol alimentare (sempre di origine agricola), senza che avvenga distillazione. In questo caso viene definito “Compound gin”.
In ogni caso, il gin prima di essere imbottigliato deve avere almeno 37.5% volumi in alcol.
E quali sono le sue tipologie? Vediamone alcune.
Plymouth gin
È un normale gin distillato che può essere prodotto esclusivamente, appunto, a Plymouth.
London gin
Nonostante il nome, questo gin può essere prodotto ovunque nel mondo (per differenziarsi gli inglesi hanno infatti creato la denominazione “british london gin”).
In questo gin, nessuna sostanza aromatica od alcolica può essere aggiunta dopo la distillazione: in altre parole, una volta distillato il gin è pronto e può essere al massimo diluito con acqua per ridurre la gradazione alcolica. Questa tipologia può anche essere definita “dry”.
Old Tom Gin
Preparato come il London Gin, è la sua versione dolce. Oggi tale dolcezza è dovuta all’aggiunta di zuccheri, in epoca vittoriana alla scelta di botaniche come semi di finocchio e liquirizia. Deve il suo nome al famoso cocktail Tom Collins di cui è l’ingrediente principale.
Sloe Gin
È un liquore a base di gin, il cui ingrediente principale sono le prugnole (e talvolta il loro succo). La sua gradazione minima è del 25% di volumi in alcol.
Cask gin
Gin che viene affinato in botte, non più di un anno. Questi gin sono resi più rotondi dall’effetto del legno.
Queste, ovviamente, sono solo alcune delle molte tipologie di gin che vedremo assieme, continua a seguirci nel nostro viaggio alla scoperta del mondo degli spirits!