Abbiamo visto in un articolo precedente cosa sia il whisky, da cosa si produce e cosa influenza il costo di una bottiglia. Ma come viene prodotto il whisky? Scopriamolo insieme, buona lettura!
Sappiamo che il whisky è un distillato da cereale, commercializzato con un tenore alcolico superiore al 40%. Ma come si ottiene l’alcol da un cereale?
L’alcol nel whisky viene prodotto dall’azione di lieviti sugli zuccheri: ma da dove si prendono questi zuccheri? Dalla conversione dell’amido. I cereali sono ricchi di amido, che può essere facilmente convertito in zuccheri, in fase di infusione, dall’azione di alcuni enzimi specifici. L’amido però non è libero ma racchiuso all’interno del chicco, deve quindi essere reso disponibile all’azione degli enzimi.
Il metodo ottimale per liberare l’amido è maltare il cereale, normalmente orzo.

Nella fase di maltaggio (o maltazione) l’orzo viene fatto macerare in acqua e poi steso su una superficie liscia (banalmente: il pavimento) a germogliare.
La germinazione serve a rompere la parete cellulare dei chicchi, consentendo l’attivazione degli enzimi che possono agire sull’amido reso ora disponibile. Attenzione però: il cereale non deve germogliare totalmente, altrimenti non sarebbe più adatto per i processi successivi. La germinazione viene quindi interrotta essiccando il malto “verde” in una sorta di forno ad aria calda, detto kiln. In questa fase può essere utilizzata la torba, che dà quella nota inconfondibile: esistono diverse tipologie di torba e non è obbligatorio che venga usata, ne parleremo in un articolo tutto per lei!
Una volta essiccato, il malto viene macinato, fino ad ottenere una sorta di farina grossolana detta grist.
Il grist viene messo in infusione con acqua calda in grosse caldaie cilindriche (mash tun): qui gli enzimi trasformano l’amido in zucchero, che a sua volta si scioglie nell’acqua in cui è immerso.
A fine processo il liquido zuccherino, che potremmo definire un “mosto” di malto (wort), viene lentamente estratto dalla base del contenitore, in cui restano le parti solide del malto.
Sul fondo della caldaia si va infatti formando uno strato compatto costituito principalmente dalla pula e dagli altri scarti del cereale che non sono andati in soluzione: attraverso questo strato il wort viene fatto filtrare. Ma per estrarre maggiormente il contenuto di zuccheri e altre sostanze utili per i passaggi successivi, attraverso questo “filtro naturale” viene fatta passare una ulteriore una serie di lavaggi. Per questa operazione si utilizza acqua calda in tre fasi: in ogni fase la temperatura dell’acqua viene gradualmente aumentata (fino ad 85°C) per consentire la migliore estrazione di sostanze.
Gli scarti solidi (draft) rimasti all’interno della caldaia verranno poi utilizzati come mangime per animali.
Al termine dei lavaggi il wort ha ancora una temperatura elevata: i lieviti però, i “protagonisti” della fermentazione, non sopravvivono ad alte temperature. Il wort viene allora raffreddato facendolo passare in uno scambiatore di calore, per portare la sua temperatura al di sotto dei 20°C.
Lo scambiatore raffredda il wort e lo pompa in un enorme tino (washback) in cui vengono aggiunti i lieviti: qui ha inizio la fermentazione. Il wort si trasforma in un liquido detto wash, la temperatura aumenta leggermente (fino a 35°C circa) e si forma una schiuma spessa, dovuta alla produzione di anidride carbonica da parte dei lieviti che iniziano a convertire gli zuccheri in alcol. La schiuma viene spezzata da braccia meccaniche affinché il liquido non fuoriesca dal bordo superiore.
Dopo circa 12 ore i livelli di temperatura e di alcol sono saliti tanto da rallentare l’azione dei lieviti, con conseguente aumento di popolazione batterica (lattobacilli). La secondaria fermentazione batterica influenza gli aromi e l’acidità del wash: più è lunga più il wash sarà acido e la sua reazione a contatto col rame dell’alambicco pot still darà complessità al distillato.
A fine fermentazione il wash avrà un contenuto in alcol tra il 6 e l’8%: è ora di distillare.
La distillazione può ora essere di due tipi: continua (ne abbiamo parlato qui) o discontinua. Quest’ultima è la distillazione tradizionale che vedremo ora.

La distillazione discontinua viene effettuata usando alambicchi in rame, di forme e capienze diverse, che possono ricordare all’aspetto delle grosse pere con un lungo collo di cigno (ne parleremo in dettaglio in un articolo dedicato). È un processo in più fasi, per questo definito discontinuo. Normalmente comprende due distillazioni, che diventano tre nella tradizione irlandese.
Il wash viene condotto all’interno di un primo alambicco (wash still) e viene riscaldato per induzione o a fuoco vivo, fino a bollore. Al termine dell’alambicco è presente un condensatore, in cui i vapori vengono raccolti: è importante che la schiuma che si forma in bollitura non entri nel condensatore. La temperatura viene quindi abbassata quando la schiuma si alza troppo, e nuovamente alzata quando questa si riabbassa: il processo viene ripetuto fino a quando il contenuto in alcol del wash scende fino a circa il 2%.
Anche in questo caso, ciò che resta nell’alambicco come residuo (pot ale) verrà usato come mangime per animali.
Il vapore alcolico nel frattempo passa nel condensatore (tradizionalmente dei tubi in rame che si assottigliano sempre più, immersi in acqua fredda in vasche esterne) e si raffredda fino a tornare liquido (low wine). Dal condensatore passa in un contenitore di raccolta (low wines receiver) e poi diretto ad un secondo alambicco.
Anche qui il liquido viene portato a bollore, ma i vapori raffreddati vengono poi selezionati e divisi in:
- Testa (foreshots)
- Cuore (heart)
- Coda (aftershots o feints)
La testa è il primo distillato ad uscire, è impuro e ha un alto valore in alcol (fino all’80%).
La coda è la parte finale della distillazione, debole in alcol, ha aspetto e sentori sgradevoli.
Il cuore è ciò che si vuole ottenere: la parte migliore del distillato, cristallina d’aspetto e fine negli aromi, con un contenuto in alcol intorno al 70%.
Il cuore viene raccolto in un apposito contenitore (intermediate spirit receiver) e verrà poi messo direttamente in botte, dopo diluizione con acqua sorgiva al 64% circa di contenuto alcolico.
Testa e coda vengono invece reintrodotte nell’alambicco e ridistillate in modo da estrarre per quanto possibile ancora un po’ di cuore: è il mastro distillatore in persona a decidere queste selezioni, operando manualmente in base alle indicazioni lette sugli idrometri presenti in quello che è detto spirit safe, una sorta di scatola con un vetro trasparente in cui il master distiller può leggere i valori in alcol del liquido raccolto.
Quando il valore in alcol del residuo dell’alambicco raggiunge lo 0.1%, la distillazione finisce e ciò che resta (spirit lees) viene scartato.

Ora il distillato è in botte a maturare. È già whisky? Non ancora, in Europa e Canada lo sarà tra qualche anno, in altri paesi dipende dalla legislazione locale… ma di invecchiamento, delle botti e del loro effetto sul whisky, parleremo in un altro articolo!
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